Bridge femminile italiano: l’opinione di Simonetta Paoluzi

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Agli Europei di Budapest 2016 la squadra femminile italiana (Margherita Chavarria, Beatrice Delle Coste, Francesca Piscitelli, Annalisa Rosetta, Vanessa Torielli, Marilina Vanuzzi) arriva ottava, mancando così la qualificazione ai Mondiali di Lione. Il ritiro della nazionale di Trinidad e Tobago consente tuttavia il ripescaggio dell’Italia. La rappresentativa femminile è composta da: Irene Baroni, Caterina Ferlazzo, Cristina Golin, Gabriella Manara, Annalisa Rosetta, Marilina Vanuzzi e Valerio Giubilo (npc). La squadra completa il Round Robin al decimo posto e manca la qualificazione alla fase finale.

Abbiamo chiesto a Simonetta Paoluzi, una delle più titolate giocatrici italiane, di commentare questi risultati e, più in generale, di fare il punto sullo stato del bridge femminile italiano.

Simonetta vive a Roma con i suoi due figli Margherita e Michele. Lavora al Consiglio Nazionale delle Ricerche e gioca a bridge come professionista. Dal 1989, quando ha vinto il suo primo titolo italiano, ha conquistato 17 Medaglie d’Oro e molti piazzamenti in Campionati Italiani, 1 Medaglia d’Oro, 2 d’Argento e 2 di Bronzo in Campionati Internazionali.

Innanzi tutto non considero il risultato della squadra di Lione del tutto negativo, tenendo conto che, non essendosi qualificata dagli Europei, l’Italia è stata ripescata all’ultimo momento: non tutte le coppie erano disponibili e quelle prescelte non hanno avuto molto tempo per allenarsi. Il rendimento della squadra è stato ben sopra la media e quello di alcune coppie discreto.

Non è vero, come sto sentendo dire e vedendo scrivere a molti, che la squadra femminile ha preso poco ed è formata dalle stesse giocatrici da 20-25 anni (io stessa sono entrata in Nazionale con le Selezioni del 2004). Sono quindi costretta ad elencare i risultati brillanti o almeno dignitosi ottenuti dalle squadre scelte o selezionate dalla Federazione negli ultimi 15 anni:

2003 Medaglia d’oro – European Open Women Teams di Mentone (Coach Mosca, Ferlazzo-Manara, Capriata-Golin, Buratti-Forti)

2008 Medaglia d’argento – Europei di Pau (Coach De Falco, Ferlazzo-Manara, Paoluzi-Saccavini, Arrigoni-Olivieri)

2009 Medaglia di Bronzo – European Open Women Teams di Sanremo (Coach De Falco, Ferlazzo-Manara, Paoluzi-Saccavini, Arrigoni-Olivieri)

2013, dopo Selezioni, Medaglia di Bronzo – European Open Women Teams di Ostenda (Coach Rinaldi, Ferlazzo-Manara, Paoluzi-Saccavini, Rosetta-Vanuzzi)

2014, dopo Selezioni, Medaglia di legno – Europei di Opatija (campionato sempre tra le prime, prime al penultimo turno, sfiorando i primi tre posti: Coach Rinaldi, Ferlazzo-Manara, Paoluzi-Saccavini, Piscitelli-Chavarria)

2015, secondo posto con la stessa formazione nella HUA YUAN CUP a Beijing, torneo ad inviti tra le 8 formazioni migliori del mondo.

Inoltre qualificazione ai KO nelle Olimpiadi (Torlontano Trophy) del 2004 a Istanbul, del 2008 a Beijing,del 2012 a Lille, del 2016 a Wroclaw, nelle Venice Cup del 2009 a S.Paolo e del 2015 a Chennai, negli European Open Women Teams del 2007 ad Antalya e del 2011 a Poznan.

Sarebbe troppo lungo elencare le formazioni, sempre diverse (unica costante nei risultati migliori la presenza della coppia Ferlazzo-Manara) ma invito chi fosse interessato e volesse giudicare con cognizione di causa ad andare sui siti WBF e EBL e guardare formazioni e rendimenti, a volte eccelsi, di alcune coppie italiane.

Nel 2016 la Federazione ha deciso di interrompere questo trend indicendo delle Selezioni mal congeniate che hanno portato agli Europei di Budapest una squadra che non ha ottenuto sul campo la qualificazione per la Venice Cup.

Questi sono i fatti. Veniamo ai propositi per il futuro: ottenere un piazzamento in un Campionato Europeo o Mondiale non è, secondo me, per l’Italia, cosa impossibile. Certo, deve essere il frutto di un lavoro molto serio da parte di allenatori e giocatrici e di un investimento (anche non esoso) della Federazione, oltreché di un progetto diverso che vorrei proporre, mai messo in pratica in Italia.

Nel Belpaese non ci sono giocatrici “fuoriclasse”; ci sono state, ma diciamo che ora, sotto i 60, non ce ne sono. Ci sono però delle buone individualità che possono competere con la maggior parte delle giocatrici straniere. A chi propone di “ringiovanire il settore”, di “mettere in campo le giovani” rispondo con il seguente ragionamento: in Italia in questo momento ci sono 2-3, forse 4-5 ragazze di circa 30 anni o meno, brave o che meritano attenzione con cui sarà proficuo lavorare (sempre che siano interessate); di giovanissime pare non ce ne siano a meno che non si aspetti circa una decina di anni che si confermino e diventino adulte le sorelle Dal Pozzo.

E’ vero che negli ultimi anni Svezia, Polonia, Olanda e Francia hanno messo in campo molte giovani, ma è vero d’altra parte che l’età media dell’Inghilterra medaglia d’argento a Lione e a Budapest è di molto sopra i 50 anni.

Quindi il progetto che immagino prevede:

  • La formazione di un gruppo di circa 16 giocatrici: sotto i 30 brave o interessanti, sopra i 30 più esperte.
  • L’ introduzione di un sistema dichiarativo unico: buono soprattutto in competizione ma non troppo complicato, perché per molte si tratta della terza attività dopo lavoro e famiglia (e le straniere dichiarano molto più approssimativamente).
  • Formazione di nuove coppie tra le giocatrice selezionate: cosa resa più agevole dall’adozione del sistema unico come per esempio accade in Francia e in altri Paesi.
  • Allenamento mirato su gioco e controgioco, (in cui mediamente siamo più deboli delle nostre rivali). Alcune sedute di allenamento potrebbero poi svolgersi sulla piattaforma di BBO (quindi a costo zero).
  • Sponsor: sarebbe utile trovare dei piccoli sponsor che consentissero alle giocatrici la partecipazione ai tornei nazionali. Queste gare potrebbero di certo fornire una buona occasione di allenamento.
  • Organizzazione di riunioni programmatiche durante i campionati a cui tutte le giocatrici partecipano.

Ma la caratteristica principale che dovrebbero avere le giocatrici è la disponibilità ad impegnarsi seriamente, sia che il bridge costituisca la loro attività principale, sia che, in altre faccende affaccendate come la maggior parte di noi, sacrifichino al bridge molto del proprio tempo libero. La Federazione dovrebbe poi incentivare l’impegno delle giocatrici spesandole in tornei internazionali e premiandole al raggiungimento di buoni risultati.

Al di là delle opinioni e della disamina delle prestazioni, mi piacerebbe che sul bridge italiano femminile si operasse una riflessione seria su idee e progetti per il futuro e mi auguro che le mie proposte siano oggetto di una discussione costruttiva.

Simonetta Paoluzi

 

 

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