Memorizzare a Bridge (2): “Una contatrice ossessiva”

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Paolo Enrico Garrisi 03Due settimane fa ho iniziato un corso di bridge nel Circolo Cittadino di Ascoli Piceno. I miei tre allievi, Cinzia, Giampaolo e Valentina non sapevano nulla del gioco, era veramente la loro prima volta al tavolo. Ho distribuito le carte, scoprendo l’ultima, e ho iniziato a spiegare il Whist, rimarcando la necessità di osservare attentamente e ricordare ogni carta. Più tardi, a casa, ho ricevuto un’email da uno di loro, Giampaolo; scriveva a proposito del ricordarsi le carte e mi chiedeva:
…Ci sono tecniche per sviluppare la memoria specifica?… Si può fare una selezione finalizzata a ricordare solo quello che è maggiormente utile?
A mio giudizio la domanda di Giampaolo verteva su una delle chiavi principali del pensare a bridge, e meritava molte risposte, non una sola; perciò l’ho inoltrata ad altri. Dopo Auken, Lawrence e Walsh ecco le risposte di Cristina Golin,  Jill Meyers ed Eric Kokish.

 

Cristina Golin 01Cristina Golin – La tua domanda è affine a un problema che mi pongo più o meno da quando ho iniziato a giocare a bridge : perché per me è facile ricordare le carte giocando a bridge e difficilissimo o faticosissimo giocando ad altri giochi (per esempio lo scopone)?
Credo che ci siano tre fattori chiave : l’interesse per il gioco, la concentrazione e la memoria. L’interesse per il gioco o c’è o non c’è, la concentrazione dicono si possa ottenere con tecniche apposite (io mi addormento sempre quando ci provo), per quanto riguarda la memoria so che ci sono tecniche specifiche per rinforzarla (tipo le stanze della memoria, io però non ho senso di orientamento e mi ci perdo) ma personalmente credo che valga più la pratica che la grammatica, cioè tanto, tanto esercizio.
Purtroppo al giorno d’oggi la memoria si esercita molto poco, sia nel mondo scolastico che ha bandito quasi tutto l’apprendimento mnemonico, che nell’attività ludica (basti pensare quanta parte avevano i giochi di carte nel tempo libero) che sul lavoro.
Per me non c’è niente da fare: solo smazzata per smazzata si potrà acquisire la capacità di ricordare tutte le carte (e se esercizio deve essere non può essere limitato a poche mani una volta alla settimana!!!).

 

Jill Meyers and Eric Kokish, Team Joel (source USBF official bulletin)Jill Meyers – Per quanto mi riguarda io non ho un metodo né mi avvalgo di ausili mnemonici. Io ho appunto uno di quei cervelli che ricordano i numeri, e sono una contatrice “ossessiva”, e non solo a bridge. Forse è il modo scelto dal mio cervello per mantenersi organizzato. Quando ero bambina contavo le pagine dell’elenco telefonico; contare è stato sempre un modo di vivere per me, e penso che questo aiuti a memorizzare. Inoltre, è capitato per caso che io abbia una buona memoria.

 

Eric Kokish – Avrei risposto diversamente quando ero giovane e il mio pensare era molto più chiaro e naturale.
Ogni mano è differente. Inizio considerando come potrebbe essere suddiviso un colore, e a seconda di come si sviluppa il gioco posso eliminare o confermare certe divisioni – è la divisione del seme che ha più senso, non il conto diretto 1-13.
Ogni scarto richiede di formare un quadro generale anche di quel colore, ma una volta che un colore sia “conosciuto” per essere (diciamo) 4-1, noi non contiamo fino a 13, ma piuttosto immagazziniamo l’informazione che occorreranno quattro giri per esaurirlo, e che il giocatore che ha quattro carte non può avere certe distribuzioni, mentre quello che ne ha una ha molto più spazio vuoto da riempire.
Gli scarti fuori colore usualmente giocano un ruolo maggiore perché i giocatori normalmente scartano quello che non gli serve e tengono quello che gli serve.
Poi sappiamo che ogni mano ha tre colori dispari e uno pari, o viceversa. Questo aiuta a fare il conto o a confermarlo.
Nella maggior parte delle mani di bridge è richiesto di localizzare certi onori e definire certe distribuzioni, e non c’è una reale alternativa per farlo se non costruirsi un quadro coerente con la licita e il gioco fino a quel momento. Molti giocatori si interessano solo di se stessi, e così il loro gioco inevitabilmente lo rifletterà. Mentre è importante conoscere le percentuali di divisione di un colore, l’idea di mettersi nei panni degli avversari spesso aiuta anche di più.

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Memorizzare a Bridge – Una rubrica di Paolo Enrico Garrisi

Parte II: “La contatrice ossessiva”

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