Racconto di Primavera

C’era una pasticceria a lato del circolo di bridge. Carla quasi non se n’era accorta, veniva dalla direzione opposta della via, controllando i numeri civici; arrivata all’altezza del portone giusto, stava per entrare quando sentì l’odore grato: la vide, si accostò alla vetrina.

C’erano i frutti di martorana, specialità palermitana; aveva saputo che si chiamavano così quando era andata al torneo di Cefalù. Vide i cannoli siciliani, ma anche le sfogliatelle ricce napoletane e i mostaccioli; e le zeppole. E c’erano i “baci di dama” e i confortelli, che per quanto ne sapeva erano dolci del nord; però era convinta che i gestori fossero meridionali: se fosse entrata avrebbe potuto chiedere se erano meridionali. Era a dieta. Essere a dieta impedisce di chiedere a uno se è meridionale? No, però sconsiglia di entrare in una pasticceria. Carla sospirò, fece un passo di lato, verso il portone del circolo, un altro, vi entrò col capo rivolto di lato verso la pasticceria, immagine animata di ciò che i latini definivano “obtorto collo”.

Davanti all’ascensore c’erano due persone in attesa, quindi prese la via delle scale: un ascensore normale non avrebbe potuto contenerla insieme ad altri due. Salì veloce i due piani di scale; nonostante avesse ben superato il quintale era ancora agile, e fu compiaciuta di non avere il fiatone, almeno non troppo; ma era giovane, aveva trentatre anni, e prima d’iniziare ad ingrassare, otto anni prima, aveva sempre fatto sport.

“Chissà che m’è successo, otto anni fa!” Pensò amaramente.

Si era sposata, avrebbe dovuto essere felice e inspiegabilmente aveva cominciato a mangiare a quattro palmenti, a tutte le ore; in pochi mesi era divenuta un barile, un anno dopo il marito l’aveva lasciata. Dopo la separazione aveva cercato invano di mettersi a dieta; nella ricerca di un hobby gratificante – consiglio di uno psicologo – aveva provato e scartato il bricolage, il collezionismo di francobolli e il burraco; al circolo di burraco giocavano anche a bridge: quello le era piaciuto, ed era diventata anche bravina. Ma non era dimagrita.

Entrò nel circolo; nel grande atrio vide poca gente, ma era ancora presto. Sarebbe stato un torneo affollato: benché fosse solo un regionale, era un appuntamento di lunga tradizione che richiamava giocatori da tutta l’Italia settentrionale e anche dalla Francia e dalla Svizzera. Lei era la prima volta che ci veniva; era venuta con molto anticipo perché doveva cercare un compagno; la sua partner abituale non era disponibile, ma aveva telefonato agli organizzatori, il giorno prima, e le avevano assicurato che un giocatore del circolo sarebbe stato a disposizione dei singoli.

– Uno solo? – Aveva obiettato – e se ne viene più d’uno senza compagno?

L’uomo aveva riso – Ne basta uno, non credi? Se gli spaiati sono due, li mettiamo insieme.

Era arrossita per la propria stupidità, aveva ringraziato ed aveva interrotto la telefonata prima che quello le chiedesse il nome.

Si avvicinò al tavolo della registrazione. Una signora raccoglieva le iscrizioni, ma stava parlando al cellulare, con una certa animazione

-…Capisci? Se uno contra, deve avere le prese! Non devi contare i punti, ma le prese, una per una: questa vince, questa forse, quest’altra no. Se il totale è incerto ti devi astenere! Per farti capire: io mi chiamo Annamaria, e allora tu non devi chiamarmi Anna e neppure Maria! O mi chiami Annamaria o fai a meno di contrare!

Mentre ascoltava la replica, la donna, che quindi si chiamava Annamaria, le fece un cenno con la penna che teneva nell’altra mano.

– Coppia? – Chiese.

– Oh, non mi iscrivo ora. Io ho bisogno…sono sola…

– Di là – con la penna indicò autorevolmente verso sinistra e riprese a parlare.

Carla guardò nella direzione indicata: a qualche metro c’era un altro tavolo, ma era vuoto; si avvicinò, oltre il tavolo c’era la porta della toilette. Era stata fraintesa, evidentemente, ma giacché c’era ne approfittò.

Quando uscì dalla toilette, al tavolo era seduto un giovane e di fianco c’era un cavalletto con un blocco di carta da conferenza; con pennarello rosso vi era tracciato un grande cuore trafitto da una freccia, la freccia con pennarello nero. Sotto, in doppio colore, rosso e nero, era scritto: “Cuori solitari: qui vi troviamo il partner!”. Lei fece un risolino: alla fine era il posto giusto! Il giovane le sorrise, e lei lo riconobbe: Nicola Parri, il campione europeo.

– Tu sei Nicola Parri! – esclamò.

– Sì! E tu…tu sei…ho il tuo nome sulla punta della lingua…- la indicava col dito, gli occhi socchiusi cercando di ricordare chi fosse.

– Non ci conosciamo. Ti ho visto in fotografia.

– Ah! – rise lui – hai voglia a strizzare la memoria! E come ti chiami?

– Carla Colombo, sono di Brescia…

– Ho capito! Tu hai telefonato ieri! Ecco perché avevo l’impressione di conoscerti: ho riconosciuto la voce. Bene, cosa giochi?

Lei arrossì. Aveva due motivi per arrossire: l’imbarazzo per essere stata riconosciuta quale autrice di una domanda scema – così pensava – e la confusione alla prospettiva di fare coppia con un simile giocatore.

– Ma…ma giochiamo insieme? Tu ed io?

– No, io giocherò col mio compagno, Morganti. Quello di sistemare i singoli è compito del segretario del circolo, ma ora è impegnato e nel frattempo me ne occupo io. Allora, qual è il tuo sistema?

Adesso Carla aveva un terzo motivo per arrossire (che stupida, figurati se un professionista fa coppia con la prima venuta), ma dissimulò l’imbarazzo. Gli tracciò un quadro delle sue abitudini, lui prendeva appunti. Faceva osservazioni:

– Sul contro d’intervento, non dare il surcontro con soli dieci, undici punti. Ce ne vogliono almeno dodici belli…

– Ma fanno tutti così!

Lui sorrise sagace – Tutti meno uno: quello che vince.

Era una battuta vecchia, ma rise allegra; era allegra. Era simpatico, e le dava l’idea…lui le fece un’altra domanda:

– Io apro un fiori, e a sinistra interviene con un quadri, tu dici contro. Cos’hai?

– Ho cuori o picche, o anche tutt’e due…

– No, Carla, li hai tutt’e due. Se hai un solo nobile, nulla ti vieta di dirlo; se contri su un quadri, li hai tutti e due.

– Ma devo dire un colore quarto? Dopo l’intervento?

– Perché no?

Un uomo si avvicinò al tavolo; sulla cinquantina, alto, elegante, bruno con un po’ di grigio sulle tempie, occhi azzurri. Decisamente bello, pensò Carla. L’uomo mise una mano sopra l’agenda su cui Parri stava scrivendo, lui alzò gli occhi:

– Nicola – disse il nuovo venuto – che ci fai tra noi mortali?!

– Alberico! – Si alzò, si strinsero la mano.

L’uomo anziano era Alberico Filippi, un ex nazionale; Carla lo aveva già visto, in precedenza. Ora si misero a parlare, ignorandola; venne fuori che Filippi non aveva compagno.

– Mi dispiace – disse Parri – io non posso.

– Sì, è ovvio; non pensavo a te. Ma che tu sappia, c’è qualcuno libero? Mi accontenterei anche di uno non fortissimo. Ma vorrei una donna, almeno ho speranza di prendere il premio per il misto.

A Carla quasi mancò il respiro; atteggiò il volto al sorriso più gradevole di cui fosse capace, si protese verso di loro…

– No, Alberico. Ora non c’è nessuno. Se mi capita, ti chiamo.

Le sembrò di aver sbattuto contro un muro, sentì le lacrime proromperle dagli occhi. Si voltò ma non bastava, doveva allontanarsi, a passi rapidi arrivò alla soglia; non poté trattenersi dal gettare uno sguardo indietro: parlavano, manco s’erano accorti che lei se n’era andata.

Sentiva una delusione cocente – ma di che, ma qual era l’illusione infranta?! Uscì, c’erano diverse persone che salivano dalle scale, lei piangeva, non volle farsi vedere così, e invece di scendere prese a salire. Nel pianerottolo tra le due rampe, fuori vista, si sedette su un gradino e lasciò che il pianto fluisse.

Carla non era all’altezza di Filippi, lei stessa lo sapeva. Se Nicola…se Parri l’avesse proposta a lui, lei per prima avrebbe rifiutato, e avrebbe detto, con sincerità, che difficilmente sarebbero andati a premio. E allora perché tanto dispiacere? Perché in quei pochi minuti in cui aveva parlato con Parri, con Nicola, si era sentita sua compagna. Lui ovviamente le aveva dato quei suggerimenti per gentilezza, probabilmente aveva suscitato la sua simpatia. Le parlava in un modo, però, quasi le dava l’idea che una volta o l’altra avrebbero potuto giocare insieme. Lei era volata su una nuvoletta rosa, nuvoletta che si era dissolta al primo contatto con l’ovvio: “No, Alberico: non c’è nessuno”.

Aveva smesso di piangere, si pulì il viso, scese; mentre passava davanti alla porta del circolo, sentì il direttore che chiamava ai tavoli; passò oltre, nessuno avrebbe chiamato lei. Arrivata in strada girò a destra, invece che a sinistra. Entrò nella pasticceria.

– Buongiorno – la salutò il gestore, cordiale. L’accento infatti era meridionale.

– Buongiorno. Di dove siete?

– Io sono lucano, mia moglie è di qui. Sono nato a Forenza, sa dov’è?

No, Carla non lo sapeva. Lui glielo spiegò accuratamente, lei lo ascoltava sorridendo, ma guardava i dolci.

– Come si chiamano quelli…no, quelli a destra, me ne dà due, per piacere?…E quello lì che sembra un babà al rhum cos’è?…Ah, è proprio un babà, ne prendo uno. E di quelli là me ne incarta tre…

Sulla guantiera ora c’erano una dozzina di paste assortite – Bastano, signorina?

– Ma che ci fai, qui! Il torneo è iniziato!

Si voltò: Parri era entrato nel negozio.

– Ah…uh…scusami, ripensandoci, non me la sento di giocare con un estraneo.

La guardò dispiaciuto – Non vuoi giocare con me? E perché?

Carla sgranò gli occhi – Con te? Giocare con te?! Ma, ma…e Morganti?

– Per oggi giocherà con Filippi. Dai, andiamo!

Carla era fedele all’assioma che se un principe azzurro ti vuole baciare, fatti baciare e non chiedere perché; ma questa era troppo grossa.

– Perché vuoi giocare con me?

Lui le prese il polso – Ci muoviamo? Se non siamo lì al cambio, ci mettono fuori!

Si avviò verso l’uscita, tenendola. Lei non resistette. Il pasticciere la chiamò:

– E le paste?

Parri notò la guantiera piena sul banco, gli rispose lui – Del rinfresco si occupa la signora Annamaria, manderà qualcuno a ritirarle…però mi sembrano poche: ne aggiunga almeno un’altra decina.

 

Racconto originale di Paolo Enrico Garrisi
 

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