Norberto Bocchi: La teoria del Big Bang (intervista)

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Norberto Bocchi [Elisabeth van Ettinger - NIB]La squadra Allegra di Torino (Lavazza) ha vinto per la quarta volta volta consecutiva il Campionato italiano per Società sportive. Ho chiamato Norberto Bocchi per congratularmi di questo ennesimo successo e, ovviamente, non ho perso l’occasione di parlare con lui della straordinaria prestazione italiana a Bali.

 

Norberto, appena rientrato da Bali sei venuto in Italia, a Salsomaggiore (Parma) per giocare con il tuo club i campionati societari: hai trovato un’atmosfera festosa?

Certamente sì. Tutti i giocatori che erano a Salsomaggiore ci hanno fatto molti complimenti ed erano impressionati da questa nostra vittoria così limpida. Tutti quanti ci hanno detto di essere rimasti strabiliati a vederci giocare per la qualità tecnica del bridge che abbiamo esibito. Devo dire che queste belle considerazioni sono venute da molte parti, anche dai nostri amici stranieri. Mi ha fatto molto piacere ricevere, ad esempio, un entusiastico messaggio dai campioni olandesi Brink e Drjver con il quale si complimentavano con l’Italia proprio per l’incredibile prestazione offerta.

 

In effetti quello che ho sentito dire un po’ da tutti, tifosi ed addetti ai lavori, è che in questo mondiale l’Italia ha mostrato una tecnica davvero impressionante. Mi puoi spiegare in cosa consiste a tuo avviso questa superiorità tecnica del team azzurro?

La forza di questa squadra dipende da una concomitanza di fattori positivi, che sentivamo di possedere dentro di noi, ma che non eravamo riusciti, fino ad oggi, ad esprimere compiutamente. Quello che ci impediva di giocare al nostro meglio era il clima poco idilliaco che s’era creato fra noi giocatori e facevamo fatica a fare dei buoni risultati. Quest’anno siamo arrivati ai mondiali con un atteggiamento diverso, abbiamo parlato a lungo fra di noi sia all’interno di ciascuna coppia che all’interno della squadra tutta. Ci siamo detti con franchezza che per vincere dovevamo fare uno sforzo sul piano caratteriale e psicologico, mettendo ciascuno da parte i propri difetti e personalismi e lavorando tutti per la squadra. In sostanza, se volevamo vincere dovevamo fare gruppo ed esercitare una grande autodisciplina. E così è stato.

 

Riusciamo ad analizzare quali sono i fattori vincenti di questa squadra?

I fattori sono molti. Innanzi tutto abbiamo il vantaggio di avere in squadra tutti ottimi giocatori. In secondo luogo, siamo tutti professionisti che studiano e si allenano costantemente. Poi, abbiamo coppie fra loro molto affiatate: Lauria e Versace giocano insieme da vent’anni, ma ormai possiamo considerare ben rodate anche le coppie Duboin-Sementa e Bocchi-Madala. Un’altra caratteristica peculiare della nostra squadra è l’aver saputo mescolare un bridge moderno e aggressivo con uno stile più classico. Ogni coppia presenta caratteristiche diverse ma che insieme hanno formato un mix vincente. Per usare una metafora calcistica direi che Alfredo e Lorenzo sono i nostri centrocampisti, Agustin ed io siamo gli attaccanti, Giorgino e Antonio sono i nostri difensori. Come vedi abbiamo una squadra equilibrata e ben congeniata.

 

Mi spieghi un po’ meglio questa metafora calcistica? Perchè Lauria e Versace li definisci ‘centrocampisti’?

Lauria e Versace sono due caterpillar, giocatori dalla impressionante solidità che ti assicurano sempre degli score non negativi, sono molto regolari. Inoltre, in questo ultimo anno Lauria ha mostrato maggiori aperture verso un bridge più moderno ed aggressivo. Sono una coppia che dà molta garanzia: quando giochi sapendo che nell’altra sala sono seduti questi due, ti senti tranquillo perché sai che sicuramente non faranno mai sfracelli. Questo è un grosso vantaggio soprattutto per me ad Agustin che invece giochiamo un sistema più rischioso.

 

Tu ed Agustin siete gli attaccanti: che significa?

Facciamo un bridge molto diverso dagli altri che può portarci in una mano a perdere o a vincere tanti punti. Sostanzialmente abbiamo maturato un concetto di bridge che ci porta ad essere molto aggressivi e questo vuol dire anche rischiare molto.

 

Quali sono gli elementi tecnici che rendono aggressivo il vostro stile di gioco?

Alla base del nostro sistema c’è la distinzione tra zona e prima. Sostanzialmente giochiamo due sistemi diversi a seconda se siamo in prima o vulnerabili. In zona giochiamo un bridge ponderato, quasi ‘normale’, quando siamo in prima ci trasformiamo, un po’ come il dottor Jackyll e mister Hyde. Questa metamorfosi tocca poi tutte le sfaccettature della licita: cambiamo non solo le aperture ma anche tutte le sequenze licitative e le convenzioni, e cambiamo anche il tipo di interventi.

 

Mi fai un esempio di questa diversità di aperure tra prima e zona?

L’apertura di 2 picche in prima è molto aggressiva: significa che abbiamo una bicolore 5-4 nei minori e costringiamo comunque l’avversario a parlare a livello di tre. Quando siamo in zona, invece, la giochiamo come normale sottoapertura. Quando siamo in zona nella licita cerchiamo soprattutto di mostare le nostre carte, impiegando uno stile di bridge che potrei definire classico o all’antica. In prima ci trasformiamo in guerrieri e andiamo all’attacco. Ti faccio un altro esempio chiarificatore: per l’apertura di 1 senza abbiamo ben tre modalità differenti. In prima contro zona apriamo di 1 senza con 10-13 punti, in prima apriamo con 12-14 ed in zona apriamo con 15-17 punti. Tutto il meccanismo del nostro sistema, dalle aperture più semplici alle sequenza più complesse, è basato sulla differenza tra prima e zona. Lavoriamo con impegno al sistema, la nostra partnership è basata su un sistema accurato e sofisticato in costante evoluzione che abbiamo sviluppato da soli e che abbiamo chiamato il “Big Bang”. Ma quando abbiamo dei dubbi ci consultiamo anche con Lauria.

 

E Lorenzo cosa pensa del vostra sistema, il cosiddetto ‘ Big Bang’?

Per me il futuro del bridge risiede proprio nella distinzione di stile tra prima e zona. Quando parlavo con Lorenzo, fino ad un paio di anni fa, lui stesso non ci credeva molto. Adesso invece si sta quasi convincendo che questo tipo di bridge può essere vincente. Mi piace pensare che il nostro sia un bridge futuristico: noi italiani, del resto, abbiamo sempre anticipato i tempi e credo molto in questo nuovo modo di pensare il bridge. A dire il vero, anche altre coppie adottano uno stile diverso a seconda che siano in prima o in zona ma lo fanno in modo un po’ più semplicistico, mentre noi italiani lavoriamo sempre in modo molto tecnico.

 

Norberto Bocchi (Elisabeth van Ettinger - NIB) 02Il vostro è un sistema sofisticato, complesso e in continuo movimento: vi è capitato mai di dimenticare qualche sequenza?

Concedimi una metafora un po’ cruenta ma che forse rende bene l’idea. Il sistema è come un’ arma. Immagina la differenza tra un coltello ed un’arma a fuoco molto sofisticata. Nel secondo caso puoi fare una strage ma c’è anche la possibilità che l’arma si inceppi e allora sono guai. Se hai in mano un coltello, di certo non si inceppa mai ma la forza distruttiva è sempre infinitamente minore. Dimenticare è il rischio che si corre a giocare un sistema molto complesso, ma fa parte del gioco. Se una volta ti dimentichi il sistema pigli uno zero, ma alla lunga hai i tuoi vantaggi. Quest’anno a Bali siamo arrivati molto preparati e concentrati e abbiamo dimenticato davvero poco.

 

Tornando alla tua metafora calcistica, hai definito Duboin e Sementa i difensori della squadra: perchè?

Sebbene Sementa sia un giocatore eclettico e fantasioso per natura, il loro sistema di gioco e profondamente regolare, la loro tattica consiste nello sbagliare il meno possibile ed attendere l’errore avversario. E questo stile di bridge ‘attendistico’ può portare anche molti punti alla squadra.

 

Quando hai sentito con sicurezza che avresti vinto davvero la Bermuda Bowl?

Durante tutto il campionato abbiamo giocato sereni e ci sentivamo in forma: ma lo stress della competizione è altissimo e la sicurezza della vittoria non ce l’hai mai fino alla fine. Ad esempio quando ci siamo ritrovati la Polonia in semifinale eravamo abbastanza preoccupati: contro l ‘Olanda i polacchi avevano giocato benissimo ed espresso grande solidità e, francamente ci avevano spaventato. Invece poi abbiamo vinto con uno score molto vantaggioso.

 

Eravate preoccupati anche prima della finale con Monaco?

Monaco non è tra le squadre che ci preoccupava maggiormente: Agustin ed io abbiamo una tradizione fortunata e vincente contro le coppie della rappresentativa monegasca e, pertanto, prima della finale eravamo sereni. Mi avrebbe preoccupato di più incontrare una squadra come USA1 perchè gioca un bridge fortemente aggressivo ai limiti dell’azzardo.

 

A Bali la squdra italiana aveva un nuovo coach (Giuseppe Failla) ed un nuovo capitano (Gianni Medugno): quanto ti è mancata la Signora Lavazza?

Per quanto riguarda Failla e Medugno erano al loro primo mandato con la nazionale e ci tenevano moltissimo a far bene, ci sono stati sempre vicini e ci hanno sostenuto. In particolare Gianni era molto emozionato. Per quanto riguarda Maria Teresa Lavazza sottoscrivo quanto Alfredo Versace ha già dichiarato proprio nell’intervista che ti ha rilasciato qualche giorno fa: questa vittoria è sua perché questa è la squadra che lei ha fortemente voluto e creato. Dietro a noi giocatori ci sono sempre gli sponsor che ci danno l’opportunità di lavorare sereni, di studiare e dunque di arrivare in nazionale sempre molto preparati e concentrati. Maria Teresa è stata una grande capitana e ci ha insegnato molto: se oggi sappiamo come comportarci in nazionale lo dobbiamo a lei.

 

Si dice che squadra vincente non si cambia. Però per i prossimi Europei la federazione italiana ha già annunciato che si faranno le selezioni a squadre. Le coppie Bocchi-Madala e Lauria-Versace, come è noto, giocano per club diversi (Lavazza e Angelini): che succederà?

I giocatori italiani più forti giocano per sponsor diversi e, pertanto, temo che l’Italia non potrà più schierare una formazione in grado di vincere un campionato del mondo ed anche qualificarsi, entrando tra le prime otto in Europa, sarà molto faticoso. Ti dirò di più: non sempre le selezioni le vince la squadra oggettivamente più forte, e potremmo anche non essere più tra le prime otto in Europa. Capisco che la mia risposta può sembrarti dura, ma come sai io sono abituato a parlare con franchezza e lo scenario che si prospetta non sembra ottimistico per l’open azzurro: mi chiedo come sia possibile qualificarsi ai mondiali con una squadra che non abbia al suo interno almeno due coppie di livello mondiale. Ritengo che se la squadra vincente a Bali sarà divisa, come sembra inevitabile, le chances di vittoria del team azzurro diminuiranno drasticamente.

 

Non credi che dopo la vittoria di Bali la federazione italiana possa ripensarci e rivedere questa faccenda delle selezioni a squadre?

No, perché le selezioni erano uno dei punti cardine del programma elettorale di Medugno e penso che il neoeletto presidente abbia l’obbligo di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale.

 

Per concludere, Norberto, quali sono i tuoi prossimi impegni?

Giocherò il Torneo Città di Roma – Angelini, poi il Cavendish a Monaco, la Coppa Campioni a Opatija e subito dopo i National amercani a Phenix. Come vedi mi aspettano due mesi di lavoro intenso.

 

Allora… In bocca al lupo e buon lavoro!

 

 

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Laura Camponeschi

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