La parola ai lettori: Alle donne piace il misto

Riceviamo e volentieri pubblichiamo: il misto come ce lo racconta con ironia e sincerità una nostra lettrice, Elena Venditti. Che ringraziamo.  Benvenuta a bordo!

A noi donne piace fare il misto, ne sono certa. A me, comunque piace. Con un po’ di fortuna (e io ce l’ho avuta) si ha pure la possibilità di giocare con partner dichiaratamente più bravi dai quali imparare molto.

Certo, dietro la porta è sempre in agguato la sindrome da sesso forte. Ma ci sono anche, bisogna dirlo, episodi di “vittimismo” da piccola fiammiferaia.

Negli ultimi campionati a squadre miste, è vero che l’aria era molto meno elettrica degli altri anni, ma sono certa che comunque la “sana” abitudine del maschio bridgista di lamentarsi delle nefandezze della sua compagna, ancora c’è. Si percepisce nei dialoghi smozzicati lungo i viali, nelle piccole adunate davanti a un bar, nel cicaleccio davanti alle aiole sul piazzale del Centro Congressi.

Non c’è niente da fare, l’uomo ha bisogno di consolarsi in una specie di psicodramma tutto al maschile della iattura di giocare con una donna, che purtroppo a volte è anche la moglie, la fidanzata o la convivente. O anche l’amante!

Tre anni fa ho assistito ad una scena esemplare.

Coppie miste a Salso. Stiamo aspettando che inizi il tempo di gioco. Mentre parlotto con il mio compagno la coda dell’occhio mi va al tavolo accanto. Una signora, piegata sul tavolo, sta parlando animatamente con il suo compagno attraverso la finestrella del sipario. Non si capisce cosa dice. A un certo punto però, apre la borsa, tira fuori la convention card, la appallottola, si erge sul sipario e la tira in faccia al suo partner. Poi chiude la borsa, prende il cappotto e se ne va a passo svelto. Lui è imbarazzato. Con noncuranza cerca di recuperare la convention, pazientemente la stira con il palmo della mano in attesa che la buriana sia passata e che la sua compagna faccia ritorno, dopo aver preso un po’ d’aria o un caffè o essersi sfogata con qualche amica. Ma niente. Inizia il tempo di gioco e lui è solo. Vedo che armeggia con il cellulare, prova a chiamare ma evidentemente lei ha il telefono spento. Chiama anche qualcun altro per avere notizie, ma continua a non capire cosa sia successo. Sparita nel nulla.

An un certo punto l’altra coppia seduta al tavolo chiama l’arbitro.

“Dove sta la sua compagna?” chiede l’arbitro.

“Non lo so, è andata via e non torna ancora”.

“E’ al bagno, al bar, l’ha cercata?”

“Non è da nessuna parte e non mi risponde al cellulare”.

“Non è che per caso si è allontanata dalla sede di gioco?”

Il tipo a questo punto è colto da un sospetto. Fosse tornata in albergo? Infatti è lì, nella sua stanza. Irremovibile. Lei non tornerà a giocare.

“Ma lo sa che la signora rischia una grave sanzione se non torna subito?” fa l’arbitro.

“Gliel’ho detto ma non la smuove nemmeno questo”. “E si figuri – precisa il giocatore – che è successo tutto mica per una questione di gioco….magari….”

“In che senso?” – dice incuriosito l’arbitro

“Non so cosa voglia da me, cioè lo so…comunque non….. insomma, io ce l’ho già una moglie….figuriamoci se ne potrei sopportare contemporaneamente un’altra…”.

In questo caso la vittima sacrificale è lui. Non ricordo se poi la signora tornò al tavolo ma intuii che la loro relazione aveva preso una brutta piega.

Al quinto turno dello Squadre miste di quest’anno io e il mio compagno giochiamo in sala chiusa. In sala aperta i nostri sono al tavolo con una coppia turbolenta. Soprattutto per le intemperanze di lui. Lei gioca maluccio di suo e distratta dai continui rimbrotti peggiora di minuto in minuto la sua performance. Verso metà dell’incontro commette un errore talmente marchiano da gelare avversari e compagno. Lui non emette un gemito, rimane impassibile. Mette la mano nella tasca posteriore del pantalone e tira fuori il portafoglio. Lo apre, prende la tessera FIGB della sua compagna, la liscia per bene e poi con compassata rabbia la riduce in tanti piccoli pezzi.

Questi sono siparietti divertenti, i cui protagonisti, non volendo, regalano qualche momento di spasso agli involontari spettatori di turno.

Quello che invece non dovrebbe essere consentito è l’insulto sistematico della propria compagna al tavolo. In questi casi la tolleranza dovrebbe essere sotto zero.

In questi giorni sto disputando la fase regionale per la qualificazione alla fase nazionale del prossimo campionato a coppie miste.

Nel corso del primo torneo dei tre in calendario io e il mio serafico compagno siamo est-ovest. Al cambio ci sediamo ad un tavolo dove mi sembra di conoscere lui ma non ho mai visto lei. Alla prima mano lei ci regala il contratto con un controgioco sbagliato e al secondo board sbaglia la licita. Si vede che è nel pallone. Lui sbattendo carte e board l’apostrofa con una serie di “deficiente” e “cretina”. Mi sento a disagio ma decido di non aprire bocca. Accanto a lui c’è una angolista che cerca di tenerlo buono.

Due cambi dopo mi trovo ad un tavolo attiguo a quello. Mentre gioco sento lui che a voce alta le ripete come una cantilena “Deficiente, deficiente, deficiente, deficiente” e poi “imbecille, imbecille, imbecille”.

Non ce la faccio a stare zitta. Mi alzo, lo chiamo con uno “scusi, lei” e gli dico che è intollerabile sentire un giocatore che offende la sua compagna in quel modo. Cosa che oltretutto è anche vietata dal Codice di gara della FIGB. Lui non replica e abbassa gli occhi. La signora, che mi dicono essere la moglie, è di spalle e non vedo il suo viso ma posso leggere ugualmente l’imbarazzo e il senso di mortificazione.

Perché un uomo si permette di insultare davanti a tutti la sua compagna di bridge (e di vita) senza che nessuno, arbitro compreso, si senta in dovere di intervenire?

Perché una donna persevera a giocare con un uomo che si permette di offenderla in modo così virulento?

Ho saputo che il signore in questione (il cui nome taccio solo per difendere il diritto alla privacy) è solito trattare così la sua compagna e che nella precedente fase locale ha più volte ecceduto con gli epiteti.

Subito prima di disputare il secondo torneo di qualificazione ho detto all’arbitro che se il signor XXY avesse di nuovo offeso la sua compagna, avrei presentato un esposto/denuncia alla Federazione. L’arbitro mi ha risposto di non preoccuparmi perché stavolta non l’avrei sentito.

Bene, penso tra me e me, ha capito che non è quello il modo di trattare la sua partner. Sai, dice lui, l’ho messo ad un tavolo dove non può disturbare nessuno. Classico esempio di “struzzosabbismo” che mi offende come donna e come bridgista.

Invece di favorirlo con una posizione di tavolo defilata in modo che possa insultare indisturbato la sua compagna, a quel bridgista dovrebbe essere impedito di disputare campionati e tornei per un tempo adeguatamente commisurato al numero di “imbecille” e “deficiente” che ha detto.

 Elena Venditti

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