Allavena: Come è stata lanciata la nuova squadra di Monaco (intervista – parte 1)

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La squadra di Pierre Zimmermann rappresenta Monaco ai Campionati Europei in corso a  Dublino (Irlanda). Il noto sponsor  franco-svizzero Zimmermann ha  assunto due delle coppie più forti del mondo: i norvegesi Geir Helgemo e Tor Helness,  gli italiani Fulvio Fantoni e Claudio Nunes. Pierre Zimmermann e il suo partner di origine francese Franck Multon formano la terza coppia del team. Per molto tempo la questione della residenza è stata considerata un ostacolo per l’ingresso del team di  Zimmermann ai Campionati Europei 2012. Laura Camponeschi, corrispondente per l’Italia di BridgeTopics.com e co-fondatore di Neapolitan Club, ha  chiesto a Jean-Charles Allavena, Presidente della Federazione Monegasca di Bridge e capitano non giocatore della squadra di Monaco a Dublino,  di spiegare come è nato il progetto Zimmermann e quali passi sono stati compiuti per superare tutti gli ostacoli.

Ragioniamo sui tempi del lungo processo che ha portato la squadra di Zimmermann a rappresentare Monaco ai prossimi europei di Dublino. La residenza a Monaco dei giocatori è stata richiesta a partire dal Dicembre 2010, momento in cui il progetto Zimmermann è stato reso noto alla stampa. E nel gennaio successivo è uscito il comunicato ufficiale circa l’accordo tra Zimmermann e la Federazione Monegasca che tu presiedi. Un progetto così ambizioso richiede un lungo lavoro di preparazione. Mi piacerebbe con te ripercorrere la genesi e lo sviluppo di questo progetto, cioè dall’idea iniziale alla sua concretizzazione. Ti chiedo: come e quando è nata l’idea? Quando sono avvenuti i primi contatti tra Zimmermann e gli altri giocatori e tra Zimmermann e la federazione di Monaco? Insomma da quanto prima del Dicembre 2010 era in cantiere l’idea?

Hai ragione, l’intero percorso e’ durato circa 18 mesi, ma tra me e Pierre, al contrario,  è stato veloce. Abbiamo parlato di questo progetto anni fa, senza metterlo concretamente in atto. Poi Pierre ha messo insieme la squadra e vinto molti tornei internazionali. Nello stesso periodo ha giocato alcuni campionati con la squadra francese, senza successo. Credo che si sia pian piano convinto che le sue possibilità di vincere con una squadra francese fossero basse, mentre vincere con la nuova squadra era a portata di mano. E Pierre vuole vincere! Quindi e’ venuto da me nell’ ottobre 2010,per parlare del suo progetto e del desiderio di giocare per Monaco con la sua squadra. Sapeva le regole (essere un vero residente di Monaco) e non ne ha fatto un problema. Quindi ci siamo messi al lavoro.

In primo luogo,  durante la Champions Cup a Izmir (Novembre 2010), ho parlato con alcuni dirigenti di EBL e WBF, dicendo: “So che quello che noi vogliamo fare rispetta le regole (forse le regole non sono buone, ma per qualche ragione ci sono…). Pensate che il nostro progetto sarebbe negativo per il bridge?” Se una di queste persone,  per cui ho grande rispetto,  mi avesse detto “Non farlo Jean-Charles, perche’…” avrei detto di no a Pierre. Ma tutti mi hanno risposto: “Si’, è un’ottima opportunita’ per il bridge, procedi”.

Pertanto, sono tornato da Pierre e gli ho detto che se se avessimo realizzato il nostro progetto, non avrei voluto solo i soldi per la Federazione. Gli ho chiesto, cioè,  di lavorare  insieme  su diversi piani per il bridge a Monaco: nuovi tornei, eventi per i giocatori locali che si allenano per migliorare.  Pierre ha aderito con entusiasmo.

Infine, ho parlato con i miei precedenti compagni di squadra: c’e’ questo progetto, non giocheremo nei campionati piu’ importanti, ma giocheremo in altri tornei, alcuni dei quali con dei campioni. Cosa ne pensate? Tutti sono stati d’accordo, quindi siamo partiti!

 

Il problema della residenza appariva un ostacolo al progetto Zimmermann. I giocatori hanno la residenza a Monaco dal dicembre 2010, mentre il regolamento della European Bridge League (EBL) richiede almeno due anni di residenza perché un giocatore sia eleggibile a rappresentare il paese nel quale risiede. Fino ai campionati di Veldhoven (ottobre 2011), il presidente EBL Aubry ha dichiarato l’inammissibilità della squadra di Monaco ai Campionati Europei. Che cosa è cambiato da allora? Come mai oggi invece la EBL ha dato parere positivo?

 Sai che sin da giugno 2010 ad Ostenda sono un membro del Comitato Esecutivo di EBL, ed  è quindi un obbligo morale per me seguire le regole fedelmente. Conoscevamo le regole e l’obbligo di una vera residenza da due anni prima di poter rappresentare un nuovo Paese. Nelle nostre teste (e in quelle di altri membri di del Comitato Esecutivo di EBL) c’era qualche dubbio su questi due anni. Vuol dire anni interi (da giugno a giugno)? Vuol dire 2010 e 2011 interi? Vuol dire che qualunque momento del 2010 va bene per il 2012?

Nel giugno 2011 a Poznań, abbiamo presentato la nostra richiesta al CC (Comitato Credenziali) EBL. Il CC ha riconosciuto la qualità del progetto e la concretezza della residenza, ma ha interpretato il punto dei “due anni” dicendo che dovevano essere due anni interi. L’immediata conseguenza era che giocatori non avevano i requisiti per giocare a Dublino 2012. Non abbiamo mai contestato la decisione e  non abbiamo mai avuto la sensazione che il mondo del bridge fosse contro di noi. Noi  abbiamo accettato con rammarico che il CC avesse optato per una lettura rigida della regola senza tenere conto di altri aspetti. Ma non c’e’ niente di strano in tutto cio’.

Tuttavia, anche se non ci siamo lamentati, abbiamo continuato a lavorare per sottolineare alcuni aspetti puramente logici: secondo le regole WBF, i giocatori sono autorizzati a giocare il torneo IMSA 2012, ma non gli Europei 2012; secondo sia la EBL che la WBF, i giocatori erano in regola per giocare la Bermuda Bowl 2013, ma non la fase di qualificazione, perche’ la EBL non organizza una selezione specifica per la Bermuda Bowl ma la fa attraverso gli Europei, e per motivi organizzativi la EBL ha organizzato gli Europei un anno prima della Bermuda Bowl. E’ normale, dunque,  che WBF, EBL e altre zone non abbiano le stesse regole? Non so dire quali regole siano le migliori, ma sarebbe opportuno che almeno fossero le stesse.  

Questi punti sono stati immediatamente recepiti da due grandi figure del bridge, Jose’ Damiani e Gianarrigo Rona. Anche Yves Aubry ha capito subito il problema e dopo l’ultimo incontro a Poznań, tutti si sono trovati d’accordo che fosse necessario lavorare ad uniformare le regole. Questo ovviamente non per essere gentili con Monaco o il loro amico Jean-Charles, ma perche’ erano convinti che il nostro progetto sia buono per il bridge, e perche’ sanno che quando il gioco diventa piu’ professionale,  e sono coinvolti interessi finanziari, le regole devono essere piu’ chiare di quando si ha a che fare solo con giocatori amatoriali.  A questo punto, le cose si sono mosse velocemente.

A Veldhoven il Comitato Esecutivo (EC) della WBF ha lavorato ad un aggiornamento delle regole, ma non c’era niente di definitivo ed era quindi normale che Yves Aubry continuasse a dire che Monaco non potesse giocare.

 A Bad Honeff, durante la Champions Cup, Il Comitato Esecutivo della EBL  ha deciso che se le nuove regole WBF avessero incluso un certo numero di punti non negoziabili, le avrebbero votate.

A Memphis a marzo la WBF ha votato il nuovo testo. Subito dopo il voto Yves Aubry ha proposto il testo al Comitato Esecutivo di EBL  suggerendone l’immediata applicazione, e tutti sono stati d’accordo.

Come vedi, se si conosce la storia completa  e dettagliata, è evidente che non c’e’ stato un cambio di orientamento da parte della EBL, e non c’e’ stata pressione da parte di Monaco: solo una comprensione graduale del problema, degli interessi connessi, un grande dialogo fra le parti in causa, e alla fine una decisione chiara. Vorrei aggiungere che certamente Monaco esce vincitore grazie alle nuove regole, ma molti altri Paesi hanno mandato richieste alla EBL per ingaggiare nuovi giocatori, e dopo aver controllato che fossero in regola, quasi tutti sono stati accettati per Dublino.

 

A tuo avviso quali sono le motivazioni che hanno indotto questi giocatori a lasciare il loro paese e a decidere di giocare per Monaco?

Dovresti chiedere a loro. Ma per me e’ un misto di tre dei quattro punti seguenti: tutti hanno gia’ vinto tornei importanti con la loro squadra nazionale; al momento erano -almeno gli Iitaliani e i Norvegesi- in una posizione difficile con le loro NBO e non hanno giocato a Ostenda per il loro Paese. Sono tutti giocatori professionisti, e Pierre Zimmermann e’ ovviamente un ottimo sponsor, che ama i suoi giocatori e li paga bene. Aggiungi a questo la nuova esperienza, la qualita’ di vita a Monaco, il piacere di giocare tornei francesi con me e le altre star locali (!) e avrai la risposta.

 

La squadra di Monaco sulla carta si presenta come una delle più forti, predestinata se non al podio almeno a entrare nel numero delle prime sei che acquisiranno il diritto a giocare nei Mondiali. Come pensi reagiranno le altre nazioni europee che si vedono soffiare un posto ai Mondiali?

Anche qui chiedi a loro, ma e’ una situazione tipica nello sport. Quando lo sceicco di Abu Dhabi ha comprato il Manchester City o lo sceicco del Qatar ha comprato il Paris Saint Germain, hanno indubbiamente creato una nuova potenza nei rispettivi campionati. Al contrario, altre squadre sono diventate piu’ deboli di prima, lasciando un vuoto… L’unica cosa che so e’ che molti forti giocatori con cui ho parlato mi hanno detto che per loro non e’ un problema, e che preferiscono giocare contro fuoriclasse piuttosto che contro Paesi deboli. Quindi stiamo a vedere…

 

Come hanno reagito al progetto Zimmermann le federazioni italiane e norvegese?

Non abbiamo avuto reazioni ufficiali, a parte la federazione francese che ci ha fatto i complimenti per l’iniziativa. Abbiamo proposto alle tre federazioni di giocare ogni due anni, prima degli Europei, un torneo amichevole di allenamento, ma nessuno ha risposto (a parte la Francia, con cui abbiamo giocato per allenarci all’inizio di maggio). Però oggi a Dublino il capitano norvegese e’ venuto a parlarci, per dire che era molto fiero che due giocatori norvegesi fossero inclusi nella nostra squadra, e che questa evoluzione professionale e’ una buona cosa per il bridge.

 (fine prima parte)

***

Laura Camponeschi

(traduzione italiana a cura di Laura Cecilia Porro per Neapolitan Club)

17/06/2012

 Leggi la seconda parte dell’intervista: clicca qui >>

 

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